Disposizioni dell’Arcivescovo sul Triduo Pasquale

CORRADO LOREFICE

per grazia di Dio e per mandato della Sede Apostolica
Arcivescovo Metropolita di Palermo

 

DISPOSIZIONI SUL TRIDUO PASQUALE

Ai Presbiteri, ai Diaconi, agli Istituti di Vita Consacrata,
ai Gruppi, Associazioni, Movimenti, Cammini, Confraternite
e a tutti i Fedeli Laici

 

La Costituzione Sacrosantum Concilium del Concilio Vaticano II ricorda che le celebrazioni liturgiche presiedute dal Vescovo, e in suo nome, dal Parroco, devono avere la più grande importanza (Cfr. nn. 41-42), sapendo che in esse si manifesta la Chiesa come popolo della Nuova Alleanza. Infatti, la Parrocchia è una comunità di fedeli costituiti nella Chiesa particolare sotto l’autorità del Vescovo, che la affida a un Presbitero, quale suo proprio pastore (Cfr. CIC, can. 515 §1).

Vertice dell’anno liturgico è il Triduo della passione e della risurrezione del Signore. «L’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del Mistero Pasquale, col quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vita» (Norme generali dell’anno liturgico e del calendario, n. 18).

Occorre, pertanto, dare risalto all’unitarietà del Triduo Pasquale, celebrato nella comunità parrocchiale, come centro dell’esperienza della fede e della visibilità della comunione ecclesiale, nel rispetto delle norme indicate dalla Congregazione per il Culto Divino nella Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, Paschalis solemnitatis del 16 gennaio 1988 e in comunione con le Chiese che hanno emanato analoghe disposizioni.

Al fine di evitare nello stesso territorio parrocchiale la moltiplicazione delle celebrazioni del Triduo Sacro per singoli Gruppi, Movimenti, Associazioni, Cammini, Confraternite, Istituti Religiosi, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue:

  1. La celebrazione del Triduo Pasquale avvenga di norma nelle chiese parrocchiali. In quelle non parrocchiali – ad eccezione delle chiese conventuali o monastiche, degli ospedali e delle carceri – essa sia limitata ai soli casi di vera necessità pastorale, da sottoporre comunque al giudizio del Vescovo o del Vicario generale per la relativa autorizzazione.
  2. Il Sacro Triduo va celebrato con decoro e nella sua interezza – dall’Eucaristia vespertina della Cena del Signore alla Domenica di Risurrezione – per garantire la visione unitaria del mistero della passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto, qualora ciò non fosse possibile, si eviti di celebrare solo una sua parte. Non è altresì ammissibile la doppia celebrazione del Triduo Pasquale, o di parte di esso, all’interno della stessa comunità parrocchiale.
  3. Le celebrazioni del Triduo Pasquale avvengano dovunque secondo il vigente Rito Romano e secondo i libri liturgici approvati. Esse, specialmente la Santa Veglia, non siano riservate a gruppi particolari e, pertanto, nessuna assemblea sia “chiusa”. L‘Eucarestia, infatti, per l’azione dello Spirito ci conforma e ci assimila a Cristo unendoci in un solo corpo e in un solo spirito (Cfr. Preghiera Eucaristica III). L’uso del rito della lavanda dei piedi, nelle comunità del Cammino Neocatecumenale, non è da riprovare se avviene in contesto diverso da quello del Giovedì Santo, purché mantenga il suo significato penitenziale da viversi nel tempo quaresimale.

La Vergine Maria conduca con materno amore la nostra amata Chiesa palermitana in questo cammino quaresimale perché possa essere trasfigurata dalla celebrazione della Pasqua del Signore per una rinnovata testimonianza del Vangelo alle donne e agli uomini del nostro tempo.

Palermo, dalla Sede Arcivescovile, 25 marzo 2019

Solennità dell’Annunciazione del Signore.

Prot. N. 030/19