Messa Crismale

Cattedrale di Palermo
02-04-2015
OMELIA DI S.E. CARD. PAOLO ROMEO
ARCIVESCOVO METROPOLITA
DI PALERMO
Is 61,1-3.6.8b-9; Sal 88; Ap 1,5-8; Lc 4,16-21
1. Ancora una volta il Signore ci fa dono di vivere la luminosità e la bellezza della Chiesa, che si rende manifesta nella celebrazione della Messa del Crisma.
Ancora una volta, in questa solenne liturgia, si rende particolarmente visibile il presbiterio, come realtà unica e unitaria, stretto significativamente attorno al suo Vescovo, per il comune rinnovo delle promesse sacerdotali. Rinnovo che conferma i sacerdoti in quel servizio d’amore nei confronti di tutto il popolo santo di Dio, nei confronti di coloro che – come abbiamo ascoltato – sono stati amati, liberati dai peccati per mezzo del sangue di Cristo, resi un regno di sacerdoti per il Padre, nella lode e nella proclamazione della sua gloria (cf. Ap 1,6).
 
2. Abbiamo ascoltato dal profeta Isaia: “Il Signore mi ha consacrato con l unzione… mi ha mandato a portare il lieto annuncio…”.
Nella sinagoga di Nazareth, Gesù, proclama queste parole prendendo il rotolo del profeta Isaia. La sua voce fa rivivere la profezia di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato […] a proclamare l’anno di grazia del Signore” (cf. Lc 4, 18-19). Terminata la lettura, egli avrebbe dovuto commentarla. Eppure Gesù siede al suo posto e non dà altro commento che questo: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. L’evangelo, la buona notizia per gli uomini di tutti i tempi è soltanto Cristo Gesù, è la sua vita, è la sua vicenda di Figlio di Dio fatto uomo. Nella sinagoga di Nazareth siamo in presenza non di un commento alla Parola, ma della Parola fatta carne, nella cui vicenda si compie il lieto annuncio ai poveri, la liberazione ai prigionieri, il dono della vista ai ciechi, la libertà agli oppressi. La Parola fatta carne annuncia l’anno della misericordia di Dio.
 
3. Carissimi fratelli e sorelle! In questo Giovedì Santo abbiamo la possibilità di guardare alla Chiesa come realtà generata dalla misericordia di Dio, quel Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16). Questa Sposa nasce proprio da quell’ “anno di grazia” proclamato nella sinagoga di Nazareth, e compiutosi nel sacrificio di Cristo che “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per Lei, per renderla santa… gloriosa, senza macchia né ruga… immacolata” (cf. Ef 5,25b-27).
Come ebbi a dire tempo fa e come ritroviamo spesso nelle parole di Papa Francesco, la Chiesa è “Corpo misericordiato”: le è stata usata misericordia da Dio, è stata oggetto del suo perdono, da Lui è stata rigenerata nella grazia, è stata riedificata come città salda dal suo Signore, proprio per mezzo del sacrificio d’Amore.
Il Giubileo straordinario indetto nei giorni scorsi dal Santo Padre sarà occasione per celebrare e riscoprire ancora questa identità della Chiesa, che tocca il nostro essere membra vive e vivificate dall’azione del perdono di Dio. Nella sua misericordia, Dio non cessa di edificare il Corpo ecclesiale: la Chiesa cresce se accoglie questo “anno di misericordia”, questo tempo che è occasione e offerta di perdono.
La Chiesa, poi, cresce se la misericordia, ricevuta come dono, viene come “messa in circolo”: se noi sue membra – noi! – siamo disposti ad accoglierci reciprocamente, ad attenderci e perdonarci vicendevolmente, secondo quello stile amante consegnatoci dal Cristo che ci ricorda: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra” (Gv 8,7).
Accogliamo, dunque, tutti la sfida della comunione, aprendo gli occhi, gli orecchi e – soprattutto – il cuore all’azione dello Spirito Santo “primo dono ai credenti”, mandato “a perfezionare l’opera del Padre nel mondo e a compiere ogni santificazione” (cf. Preghiera eucaristica IV).
 
4. La sera di Pasqua Gesù effonde lo Spirito sugli apostoli, al fine di rimettere i peccati (cf. Gv 20,22-23): garantisce così, nel tempo della Chiesa, la definitiva offerta della riconciliazione e della grazia. La Chiesa nasce come Corpo perdonato, capace di perdono, di riceverlo e di trasmetterlo secondo il mandato di Cristo.
A titolo del tutto speciale i sacerdoti, che oggi ho la gioia di vedere riuniti insieme così numerosi, sono legati all’azione misericordiosa di Dio. In loro la consacrazione e la missione di Cristo si rende sacramentalmente visibile perché l’effusione dello Spirito Santo li costituisce come ri-presentazioni del Buon Pastore che va in cerca della pecorella smarrita e che per le sue pecore arriva a donare la vita (cf. Gv 10,11).
Carissimi sacerdoti, figli miei! Non possiamo però dimenticare che, prima ancora di essere ministro, ogni sacerdote è oggetto di misericordia da parte di Dio. Fa pure lui parte di questo unico “Corpo misericordiato” a cui il Signore rivolge lo sguardo, di questa Chiesa che nasce dal perdono sgorgato dalla Croce. Fate esperienza di essere uomini scelti non in base a dei meriti particolari, ma soltanto a partire da un’azione gratuita di Dio. Ciascuno di noi conosce i percorsi della propria vicenda vocazionale: essi passano attraverso la fragilità e le mancanze, e inevitabilmente si incontrano con le ferite del peccato. Eppure il Signore ci ha scelto. E ci ha scelto manifestandoci innanzitutto un’azione di misericordia, per essere ministri e testimoni dell’effusione della sua grazia innanzitutto nella nostra vicenda, nella nostra esistenza, nel nostro percorso di vita.
Di fronte al mistero di questa chiamata, tutti dovremmo essere in grado di dire con San Paolo: “Io sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo…  Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato…, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (cf. 1Cor 15,9-10).
Siamo anche noi parte del Corpo mistico che vive per questa “fatica” della grazia che ci ricostruisce continuamente la vita. Anche noi ci sentiamo riscattati con il sangue dell’Agnello, che lava e rinnova. Anche noi siamo destinatari della promessa dello Spirito.
 
5. Ma il sacerdozio che ci è stato donato ci fa vivere contemporaneamente anche il mistero di essere ministri di questa misericordia, al servizio di tutto il popolo santo di Dio. Siamo chiamati a testimoniare l’azione di grazia in una sorta di “prima fila”, quella di coloro che instancabilmente fanno rivivere l’annuncio di perdono di quel sabato nella sinagoga di Nazareth, nell’oggi di ogni uomo che incontrano.
Carissimi sacerdoti! Ci imbattiamo in cuori spezzati e piagati. Sperimentiamo nel nostro ministero le ferite e le conseguenze del peccato, e ciò risulta particolarmente visibile nel sacramento della Riconciliazione. Esso conosce certo la sua crisi, ma non dobbiamo mai stancarci di proporlo e farlo vivere al meglio. Ciò ci impegna in una sorta di “trincea di misericordia”, nella disponibilità e nell’accoglienza dei penitenti: in questo, tocchiamo con mano, assieme alle brutture del peccato nelle quali può trovarsi coinvolto l’animo umano, l’altezza dell’azione di grazia che può far rinascere l’uomo a vita nuova.
 
6. Carissimi sacerdoti! Siamo bisognosi di misericordia, eppure la annunciamo senza stancarci. Ad un tempo penitenti e confessori, tocchiamo l’infinita bellezza di questo grande mistero, insieme alla consapevolezza dei nostri limiti. Ecco: non siamo migliori degli altri!
Dinanzi a tutti voglio ribadirlo: non siamo migliori degli altri! La nostra fragilità umana, che condividiamo come parte del popolo di Dio, non ci scoraggia, anzi ci commuove per quanto il Signore continuamente opera attraverso la nostra povertà. In questo particolare giorno sento il dovere di incoraggiare tutti i sacerdoti, senza distinzione alcuna. Sento di spronarvi ad essere testimoni della misericordia di Dio, continuando ad esserlo nonostante ci sentiamo fragili e piccoli, nonostante il nostro peccato e i nostri limiti, nonostante le incorrispondenze della nostra vita.
 
7. E a voi, carissimi fratelli e sorelle, chiedo di pregare per i vostri sacerdoti, che ben conoscete, al di là di ogni pesante giudizio di cronaca. Vi chiedo anche di sostenerli col vostro esempio di vita cristiana nella condizione laicale, di custodirli discretamente, di correggerli dolcemente, di star loro accanto con affetto e sincerità. Dico spesso che nella misura in cui voi vivete concretamente la vostra condizione laicale, nella misura in cui le nostre comunità ecclesiali, formate sostanzialmente da laici, si sforzano di battere al ritmo della grazia e si edificano nella comunione, tutti noi ministri – anche io Vescovo – siamo aiutati a vivere la fedeltà al ministero che ci è proprio.
E affido per questo la nostra Comunità diocesana alla protezione della Vergine Maria. Per mezzo della sua generosa disponibilità l’umanità è stata rinnovata dalla misericordia di Dio fattasi uomo in Cristo Gesù. Lei, Madre dei sacerdoti e Madre della Chiesa, possa custodirne i passi specie in mezzo alle situazioni più delicate o più dolorose, e possa ogni giorno indicare nel Figlio Risorto il cuore del nostro ministero. E così sia.