Lo stato vedovile è stato sempre oggetto di particolare attenzione da parte della Chiesa, fin dalle origini. Nella Bibbia si parla spesso della vedova e delle premure di Dio nei suoi confronti. L’Antico Testamento ci fa conoscere figure concrete di vedove, la cui stessa vita manifesta alcuni valori e problemi della vedovanza. E’ il caso di Tamar, vedova di Onan, che ritorna alla casa del padre (Gen. 38), della vedova di Tekòa (2 Sam. 14); di Noemi, moglie di Elimelec e suocera di Rut la moabita (Rut, 1, 1 ss.); della stessa Rut che invitata dalla suocera a risposarsi per obbedienza sposa Booz e diviene antenata di Davide da cui nascerà il Messia (Rut 3,1ss.). La vedova di Zarepta che, in occasione della grande siccità (1 Re 17,10-16), incontra il profeta Elia e mostra grandi doti in quella generosità e fiducia della vedova, generosità e fiducia che saranno in seguito premiate con il miracolo della risurrezione del figlio morto (1Re 17,17-24). La vedova Giuditta (Giud. 8,2-8) vissuta in castità può essere messa a confronto con la figura di Anna la profetessa, che compare agli inizi della vita di Gesù (Lc 2,36-38) Anna viene elogiata come vedova santa, perché rimasta vedova molto giovane dell’unico marito, tenne fede al proposito di continenza vedovile perseverando nella preghiera giorno e notte servendo Dio nel tempio. Ella ricevette la grazia di riconoscere il Messia, grazia che diventa per lei una missione: quella di annunciarlo a coloro che lo attendono. Come nel caso di Giuditta il servizio a Dio si fa servizio ai fratelli. 
S.Agostino parlando di viduità non considera una donna a cui è morto il marito, ma riflette sulla condizione di una donna che in seguito alla morte del marito, sceglie liberamente di vivere in castità e si lega con una promessa alla scopo di tendere alla perfezione e di iniziare un cammino ascetico verso Dio. S.Agostino ci fa sapere che a questo voto di castità, riconosciuto dalla Chiesa era attribuito tanto valore che venivano considerate scomunicate le vedove consacrate che contraevano seconde nozze.

    La superiorità della consacrazione, rispetto alle seconde nozze viene dal fatto che la vedova è consacrata a Dio e che Dio viene prima di ogni altra cosa. 

    La pia continenza, dice S.Agostino, è grazia di Dio e la grazia si ottiene con la preghiera che è la parola dell’uomo a Dio e con la pratica della lettura della Sacra Scrittura che è nutrimento dell’anima, e Dio attraverso di essa parla all’uomo, rivela la sua volontà, il suo piano di salvezza. S.Agostino vuole mettere in evidenza che la vedova consacrata cerca ed ordina tutto a Dio: pensieri, sentimenti, cose. 

    Le vedove consacrate come membra di quell’unica sposa del Re, sono impegnate nell’esercizio di opere di bene che, se da un lato arricchiscono e maturano la propria statura spirituale, dall’altro, proprio per questa maturità, possono riversare sugli altri l’obbedienza della carità di cui sono piene. Una donna consacrata a Dio, dice l’apostolo Paolo, è da considerarsi tempio dello Spirito Santo. Dio sin dall’A.T. ha voluto farci conoscere il suo disegno divino sulla viduità, per consentire di cogliere il significato di grazia e di responsabilità che anche questa condizione di vita ha in rapporto con la storia della salvezza. S. Paolo nella lettera a Timoteo dà delle direttive pastorali, disciplinari per le vedove che volevano appartenere ad una istituzione o congregazione o ordine; oltre alle qualità richieste per tutte, per quelle desiderose di consacrarsi occorrono dei requisiti particolari: 1) Avere l’età avanzata 50/60; 2) L’aver sposato una sola volta; 3) L’aver esercitato le opere di carità cristiana. Da questo, rileva, P. De Ambroggi possiamo dedurre che il catalogo o ordine della vedove costituiva una classe di persone consacrate a Dio. 

    Le vedove non sono soltanto l’oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa, ma sono anche il soggetto attivo e responsabile di un’attività pastorale nella Chiesa per la Chiesa, un’attività pastorale che si concretizza nella diaconia della carità. P. De Ambroggi fa una interessante annotazione : < Si tratta del complesso di tutte le virtù, dominate dalla carità, che S. Paolo esige in queste vedove consacrate. Se nel periodo di noviziato hanno dato buona prova di carità, potranno essere accolte nel catalogo >. Il Concilio Vaticano Secondo nella “Gaudium et Spes” parla di viduità accettata con animo forte come continuazione della vocazione coniugale, quindi si intende come chiamata di Dio alla quale deve far seguito la risposta dell’uomo, il sì, la sua accettazione. Il sì a Dio non può scaturire che da un cuore vibrante di amore per Lui, l’amore per Colui che chiama amando ed ama chiamando. 

    La consacrata è una eletta, scelta da Dio, scelta per Amore, soltanto per amore e per sempre. La scelta, mentre testimonia l’amore di predilezione di Dio per l’eletto, investe il consacrato di una missione, (Gaudium et Spes n.41). A questo livello, la vedova è da considerarsi come dono alla Chiesa e al mondo e persona che rivela la realtà della Chiesa come Popolo pellegrinante verso Cristo glorioso, edifica la comunità ecclesiale e la arricchisce di amore e di speranza. Sulla viduità anche i cosiddetti “Padri Apostolici”, scrittori ecclesiastici del I e II secolo, parlano della chiamata di Dio e della consacrazione a Gesù Cristo che consente di divenire così l’altare di Dio. Tra i padri apostolici Sant’Ambrogio di Milano ha scritto un trattato sulle vedove (De Viduis) ove illustra i meriti della viduità accettata per amore di Dio, e in pari tempo esorta le vedove a perseverare nel nuovo stato santificandolo con l’esercizio delle virtù proprie di esso. Anche S. Francesco di Sales parla di castità e di offerta del proprio cuore a Dio della persona vedova attraverso un voto. Sant’Agostino consiglia molto questo voto alla vedova cristiana in (De bono viduitatis XIX). E il dotto Origene consiglia alle donne vedove di votarsi e consacrarsi alla castità vedovile in “ Homilia XVII in Lucam “. 

    Il voto rende più gradite a Dio le opere che per esso si compiono, rafforza il coraggio di compierle e offre a Dio i frutti della buona volontà che è l’albero delle nostre azioni. S.Francesco di Sales definisce la vera vedova nella Chiesa come una viola mammola di marzo. 
    Infine parliamo della vedova vista nel Testamento di nostro Signore Gesù Cristo, trattato liturgico-canonico apparso in Siria nella seconda metà del V secolo ( Cfr. GRYSON R., Il mistero della donna nella Chiesa antica Testamento di N.S.G.C., in DPAC,p.3435 ), dove si manifesta un attenzione diversa nei confronti della vedova che può essere definita come l’incrocio tra l’ordine delle vedove e l’ordinazione delle diaconesse.

    Il Testamento non fa distinzione tra ordinare ed istituire e parla dell’ordinazione delle vedove usando lo stesso termine usato per i Vescovi, i Presbiteri ed i Diaconi. In chiesa le vedove occupano il posto vicino al Vescovo ( Cfr.TDNJC (I) XIX, p.23 ) che sta al centro mentre da una parte e dall’altra stanno i presbiteri, dopo di loro a destra i diaconi ed a sinistra le vedove ( Cfr.TDNJC (I) XXIII,p.35 ) che fanno la comunione subito dopo i diaconi ( Cfr.TDNJC (I) XXIII, p.35 ) . Quindi il Testamento considera le vedove appartenenti al clero. La vedova non può essere ordinata senza essere scelta (Cfr.TDNJC (I) XL,p.95 ) come avviene per il Vescovo, il Presbitero ed il Diacono. Per la scelta bisogna seguire il criterio che sia senza marito da molto tempo e che abbia rinviato alle seconde nozze per motivi di fede ( Cfr.TDNJC (I) XL, p.95 ). Alla vedova vengono richieste delle qualità ( GRYSON R. Il ministero delle donna nella chiesa antica. Un problema attuale nelle sue radici storiche, Città Nuova, Roma 1974, p.133 )

        1) Deve essere pia, umile, dolce e deve lavorare nella gioia e senza alcuna ostentazione.

        2) Deve avere qualità descritte nella I lettera a Tm 5,10; deve avere bene educato i figli, onorato i pellegrini, soccorso gli afflitti, operato il bene.

        3) Deve avere le qualità adatte per condurre la vita ascetica a cui va incontro. ( Cfr. TDNJC (I) XL,p.95 )

    Il Testamento di N.S.G.C. indica anche i doveri che la vedova deve osservare:

        1) Ha il compito di insegnare alle catecumene, istruire gli ignoranti, incoraggiare quelle che vogliono vivere nella verginità e rimproverare quelle che non si comportano bene cercando di condurle sulla retta via.( Cfr. TDNJC (I) XL,p.95 )

        2) Visitare le donne inferme ( Cfr.TDNJC (I) XL,p.95 )

        3) Badare che le donne in chiesa non vadano abbigliate in maniera provocante (Cfr. TDNJC (II) IV, p.117 )

        4) Ungere le donne nel battesimo ( Cfr.TDNJC (II) VIII, p.127 )

Tuttavia nonostante le importanti funzioni, ciò che caratterizza l’ideale della vedova è la rinunzia, la preghiera e l’ascesi (Cfr.TDNJC (I) XL, p.97; (I) XLII, p.101 )

    Possiamo concludere che nella Chiesa, nei primi secoli troviamo la presenza di ben tre gruppi organizzati che accoglievano le donne per una consacrazione a Dio: le vedove, le vergini e le diaconesse. 

    In questi primi secoli l’attenzione della Chiesa per le vedove passa da una forma assistenziale ad una ministeriale organizzata, che prevede per loro la preghiera di intercessione per tutta la Chiesa e un servizio ministeriale a favore delle donne in genere e degli ammalati. 

    Il ministero viene affidato loro con un preciso rito che ha come vertice una preghiera pronunciata dal Vescovo alla presenza delle varie componenti ecclesiali e del Gruppo delle vedove già istituito.
    Dopo queste annotazioni sulla viduità, diamo alcuni cenni della realtà dello stato vedovile in Palermo.

    Il 16 gennaio 1993 il Cardinale Salvatore Pappalardo con decreto istituisce l’Associazione “Tre Marie” approvando relativo statuto e regolamento, e vista la particolare sensibilità, verso le persone vedove, di Don Giacomo Ribaudo lo nomina delegato per la durata di cinque anni. Successivamente il 23 marzo 1996 durante l’omelia lo stesso Cardinale conferma l’erezione dell’Ordo Viduarum approvandone lo statuto e regolamento mutuato dall’associazione "Tre Marie" e rinnova la carica di delegato a Don Giacomo Ribaudo che tutt’ora guida, sostiene, rafforza la spiritualità delle donne vedove affinché tendano alla perfezione ed invita a fare della viduità un’occasione di santità ed esorta ad essere cellule vive e vitali del corpo mistico di Cristo Gesù.

    Ogni vedova essendo dotata da carismi e ministeri propri avrà una specifica missione nell’annuncio del Vangelo che salva.
    In seguito il Cardinale Salvatore De Giorgi nomina Don G. Ribaudo Rettore della chiesa di S. Caterina sita in via Garibaldi, ove poter istruire, fare catechesi e ritiri spirituali mensili con il gruppo delle vedove, che si riuniscono ogni quarto venerdì del mese. Nell’Ordine vi è una catechista che prepara le novizie alla consacrazione, che avviene in Cattedrale con celebrazione liturgica solenne officiata dal Cardinale.

Per informazioni:

Don Giacomo Ribaudo
Via Agrigento, 10 
90039 Villabate ( PA )
Tf. 0916161320 - 330537932
ribaudo.giacomo@alice.it